La trasmissione di Anno Zero avente come spunto il film “Il Divo” nella quale si è dibattuto degli anni tra il 1970 ed i primi del 1990 che hanno visto crescere in Italia ed in particolare in Sicilia il potere dell’allora corrente politica andreottiana all’interno della DC, mi hanno riportato parecchio indietro e fatto riaffiorare qualche ricordo non certo piacevole. In particolare dove abitavo, c’era una famiglia di persone molto distinte e di ceto sociale cosiddetto elevato, ben radicata nel diritto (guarda caso) e nella politica, che notoriamente era identificata nella corrente andreottiana. Il potere che aveva era pressoché totale. Ricordo come vi fosse una “processione” di persone appartenenti a ogni estrazione sociale (rivedo ancora oggi in altre località l’analogo andirivieni) che per ricorrenze e compleanni e cose analoghe, portavano ogni sorta di dono. La cosa che tuttavia era più riprovevole, ma lo dico oggi alla luce non solo delle mie negative esperienze, ma soprattutto in presenza di una maggiore coscienza personale, è che notoriamente la locale caserma era “dipendente” da quella famiglia. Potete immaginare cosa questo volesse dire. In sostanza il potere era assoluto in quel paese.
Inoltre, seppure personalmente non sono mai stato testimone, era anche notorio che pure tramite un altro potente rappresentante della politica provinciale aderente alla corrente andreottiana, i rapporti con la magistratura erano “fraterni”. Ma anche di questo ho dovuto quanto meno indirettamente prenderne consapevolezza che qualcosa di vero c’era e continua ad esserci con i neo “discendenti” ridipinti di quella corrente. Una volta un deputato regionale della democrazia cristiana dell’epoca al quale esposi le mie lamentele sullo strapotere di quegli esponenti andreottiani, mi disse che non c’era nulla da fare (tanto era potente “l’andreottianesimo” in Sicilia) e che quindi avrei fatto meglio a lasciar perdere. Ma all’epoca, imbevuto anch’io come tanti altri “ingenui” cittadini delle “propagande” di vari esponenti politici che si dichiaravano antimafiosi (che poi sono i primi a defilarsi davanti ai problemi concreti e provati) non volevo neanche sentire dire che pure la magistratura era allineata (certo senza generalizzare). All’epoca, tra l’altro, frequentando Palermo per motivi di lavoro, e dovendo passare quasi sempre davanti alla casa del Giudice Falcone, rimanevo allibito nel vedere come quell’Uomo fosse costretto a dovere uscire di casa sempre super scortato e solo perché combatteva la mafia. Poi quando andavo negli uffici pubblici, la frase più pulita che sentivo pronunciare nei suoi confronti era “stronzo”. Allora mi dicevo sempre che nella mia vita dovevo avere almeno un decimo della sua forza d’animo. Questi errori si pagano in una Stato “mafioso” come l’Italia, in particolare quando hai una tua attività.
Peraltro, uno degli episodi che più di ogni altro ha segnato la mia vita nei miei burrascosi rapporti con la corrente andreottiana è stato quando un esponente regionale di quella corrente mi mandò a chiamare, poiché all’epoca lavoravo nell’azienda della mia famiglia, per dirmi di cercare i voti per un deputato europeo andreottiano che poi negli anni successivi, com’è ben noto, è morto ammazzato dalla mafia. Non dimenticherò mai quel 19 aprile del 1999, in quella segreteria al primo piano di un palazzo della città, quando quell’assessore, mi “gettò” sulla sua scrivania le schede elettorali di quel candidato messe in una busta gialla e dicendomi “si faccia la sua bella campagna elettorale”. Raccontai a tutti quanto mi stava accadendo, magistratura compresa, così però firmando la mia fine lavorativa. Nello Stato “mafioso” in cui viviamo, i comportamenti come i mie si pagano ed i primi a darti addosso, guarda caso, sono proprio i magistrati … guarda caso (sempre senza generalizzare).
Nella trasmissione di Anno Zero, e concludo, sembrava che si parlasse di un passato lontano.
Invece, come d’altronde avviene in natura per chi crede nella teoria dell’evoluzione, quella politica “mafiosa” di allora non si è mai estinta, al massimo ha avuto una battuta di arresto nella rappresentatività, nel senso che per motivi fisiologici ineluttabili, i politici di allora o sono morti o sono ormai molto vecchi, ma quella mentalità, quella cultura, quella miscela “mafiosa” tra politica ed istituzioni è sempre viva. Anzi mi inquietano coloro, intellettuali, ben pensanti, giornalisti, ecc., che trovano sempre un raffinato sofisma per dire che i tempi sono cambiati. Mentre io vedo che oggi sono ritornati quegli stessi tempi ma con altri uomini, magari i figli, i nipoti, i cugini ecc., i quali hanno in più solo dei “valori aggiunti”, quali una radicata conoscenza del Diritto così che la mafia (“finalmente”) si può esercitare nel rispetto della legge, tanto che utilizzano pure il linguaggio e soprattutto l'accento di chi ha fatto degli intensi corsi di dizione, bon ton ed inglese, oltre a vestire begli abiti alla moda che sono come un biglietto di presentazione, e così via, ma in realtà, ovviamente solo per chi può vedere e per chi può ancora pensare, la sostanza culturale è rimasta immutata e continua ad essere strutturata solo di presunzione, prepotenza e prevaricazione, ovverosia la spina dorsale della nostra politica “mafiosa”.
L’ultimo appunto. Sempre nella trasmissione di Anno Zero è stata sollevata un’ipotesi, mi pare da Santoro, il quale avrebbe detto (o credo di avere capito), che la politica in Sicilia, così come in altre realtà del territorio italiano, avrebbe trovato sul territorio delle organizzazioni socio-criminali già così ben radicate che in un certo senso, da un lato ha dovuto forzatamente conviverci (anche se qualcosa non mi torna e andrebbe approfondita, altrimenti sembrerebbe quasi un’assoluzione storica di quella e dell’attuale politica) e dall’altro ha cercato di gestire tale rapporto per propria convenienza elettorale ed economica. Ora, alla luce di tale teoria (che peraltro, mi pare da profano, assomiglia all’indirizzo di una sentenza della Cassazione, la n. 33748/2005), mi viene in mente uno scambio di opinioni di qualche anno addietro, in cui una persona anziana mi spiegava che alla base della “tragedia” della “monnezza” non raccolta, c’è un’interruzione “traumatica” del rapporto tra criminalità e politica, ma non nel senso che (figurarsi) la politica improvvisamente si era ravveduta, ma in quanto la politica aveva pensato di potere fare tutto da sé, non ritenendo di avere più bisogno di questo intermedio ed imprevedibile batterio della mafia, della camorra, della ndrangheta, ecc, così da gestire direttamente il voto, la società, gli appalti, le candidature, gli incarichi, le promozioni, l’occupazione, gli affari, i privilegi, ecc., insomma la vita “ordinaria” dello Stato. Una delle reattività della “criminalità organizzata” a ciò, è stata ad esempio, quella di bloccare il sistema della raccolta dell’immondizia che da sempre sarebbe notoriamente nelle “sue mani”.
Stavolta finisco veramente. Sopra ho descritto una realtà vista (e vissuta) da comune cittadino e sempre come tale aggiungo una mia modesta soluzione, ovverosia che se non cerchiamo, ma subito, di creare delle nuove generazioni attraverso la scuola pubblica, a cominciare dalla prima elementare, con degli studi graduali, ma reali e concreti, di diritto, di economia, di medicina, di scienza, di psichiatria,di lingue come inglese, francese, spagnolo e pure cinese, nonché di storia delle religioni e di antropologia e quindi delle origini e costumi delle popolazioni nel mondo, ecc., invece di propinare apprendimenti ormai obsoleti di quando la Terra girava intorno al Sole, da un lato avremo sempre più ignoranza ed intolleranza, così come sempre più “bulli” nella scuola, dall’altro sempre più “criminali” nella società e soprattutto avremo sempre più “mafiosi” nella Stato e, purtroppo, anche un popolo sempre più controllato, disinformato, veicolato, insomma plasmabile come la plastilina (il nostro vecchio “pongo”), come d’altronde poi lo siamo già in parte e con tutta evidenza nel quotidiano.
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