Solo l’avvocato Guido Calvi, mi pare, ha denunciato sul Corriere l’«esposizione indecorosa come trofei alla gogna» dei giovinastri rumeni arrestati per lo stupro di Guidonia. Parole sante: se, se al posto di quei giovinastri, ci fosse stato un consigliere di circoscrizione, avremmo il Parlamento in stato d’assedio che discute l’abolizione degli arresti e i tromboni dei giornalini che strillano contro le «manette facili», la «gogna mediatica», l’«accanimento giudiziario». Invece niente, zitti e mosca. Purtroppo anche quell’immonda sceneggiata è figlia dello sfascio programmato della giustizia. Quando si riesce ancora ad acchiappare qualche presunto colpevole, si enfatizza il risultato, come a dire: vedete che, nonostante i tagli alle forze di polizia e alla giustizia, c’è ancora chi fa bene il proprio dovere? La brillante operazione del Ros è stata possibile grazie all’incrocio di intercettazioni e tabulati telefonici: quel che fa da 20 anni Gioacchino Genchi, il servitore dello Stato costretto da giorni a difendersi da ignobili attacchi politici. Ma ora, con la legge sulle intercettazioni, chi intercetterà un branco di presunti stupratori dovrà sperare che si tradiscano subito: scaduti i primi 45 giorni, bisognerà interrompere gli ascolti. La geniale trovata Pdl-Pd prevede intercettazioni di un mese e mezzo, non di più. Se uno viene sorpreso a dire «La violentiamo», o fa il nome della vittima designata entro 45 giorni, o non si saprà mai chi è. E lo stupratore porterà serenamente a termine il suo delitto. Dopo le stragi di Stato, avremo gli stupri di Stato.
Da Voglio scendere
giovedì 29 gennaio 2009
"Stupri di Stato" di Marco Travaglio
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